Finalmente approvata la Legge Iori!

La Camera ha finalmente approvato il Disegno di Legge n. 2443 “Disciplina delle professioni di educatore socio-pedagogico, educatore socio-sanitario e di pedagogista”, noto come “Legge Iori”, che per la prima volta disciplina la professione di due figure importanti nei servizi educativi: l’educatore e il pedagogista. Dopo ben tre anni di discussione, finalmente all’alba di oggi la legge è diventata realtà. L’iter legislativo della legge n. 2443 è iniziato nel 2014 e la sua approvazione nel corso dell’attuale legislatura è stata in dubbio fino ad oggi.

La Quinta Commissione aveva espresso il suo parere definitivo sulla legge Iori lo scorso 31 ottobre 2017, con parere contrario per alcuni degli emendamenti presentati e con alcune condizioni di modifica per altre disposizioni.

Gli obiettivi di questa legge sono stati così dichiarati dalla presidente della Commissione Cultura della Camera, Flavia Piccoli Nardelli:

“Con questa legge si dà finalmente certezza identitaria a delle figure professionali molto importanti presenti nel vasto campo della attività educativa multiforme e complessa che ha visto nel corso del tempo uno sviluppo notevole ma una normativa complessa e non sempre lineare”.

La legge delinea tre profili professionali:

  • Educatore professionale socio-pedagogico

La qualifica di educatore professionale socio-pedagogico è attribuita a chi consegue un diploma di laurea nella classe di laurea L-19, Scienze dell’educazione e della formazione. Non sono mancate le polemiche al riguardo, in quanto la Legge Iori andrà a svantaggio di psicologi e assistenti sociali che si troveranno esclusi dalla professione di educatore socio-pedagogico.

  • Educatore professionale socio-sanitario

La qualifica di educatore professionale socio-sanitario è attribuita a chi consegue un diploma di laurea abilitante nella classe di laurea L/SNT/2, Professioni sanitarie della riabilitazione.

  • Pedagogista

La qualifica di pedagogista è attribuita a chi consegue un diploma di laurea magistrale abilitante nelle classi di laurea magistrale: LM-50, Programmazione e gestione dei servizi educativi; LM-57, Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua; LM-85, Scienze pedagogiche; LM-93, Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education. Inoltre, è attribuita a professori universitari, anche fuori ruolo e in quiescenza, e a dottori di ricerca in pedagogia, anche se in possesso di titoli di studio diversi da quelli indicati, che abbiano insegnato discipline pedagogiche per almeno 3 anni accademici, anche non consecutivi, nelle università italiane o in strutture di particolare rilevanza scientifica anche sul piano internazionale, nonché ai ricercatori universitari a tempo indeterminato in discipline pedagogiche, anche se in possesso di titoli di studio diversi da quelli indicati.

Fase transitoria

E’ prevista una fase transitoria nella quale saranno tutelate le posizioni lavorative di quanti già lavorano nei servizi educativi pur non in possesso dei titoli di studio previsti dalla nuova legge. Gli educatori senza laurea che hanno uno dei seguenti requisiti:

  • diploma magistrale rilasciato entro il 2002;
  • lavorano come educatori nelle amministrazioni pubbliche a seguito del superamento di un concorso pubblico;
  • hanno svolto attività di educatore per non meno di 3 anni anche non continuativi;

potranno completare la loro formazione conseguendo 60 CFU presso le Università, anche seguendo corsi a distanza (formazione telematica).

Invece gli educatori con contratto a tempo indeterminato con almeno 50 anni e 10 anni minimo di servizio oppure gli educatori con almeno 20 anni di servizio avranno automaticamente riconosciuto il titolo di educatori professionali socio-pedagogici.

A questo punto la parola spetta alle Regioni, che dovranno allineare le proprie normative a quella nazionale. Alcune Regioni già preannunciano battaglia (ad esempio il Veneto), in quanto mettono in dubbio la costituzionalità della decisione dei percorsi formativi professionalizzanti da parte dello Stato per le professioni del sociale, per le quali le Regioni hanno delega per costituzione.

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