Educare con le fiabe

I bambini non parlano delle loro emozioni e delle loro difficoltà e problemi come fanno gli adulti. Il linguaggio di tutti i giorni non corrisponde per i bambini al linguaggio naturale con cui esprimere i loro problemi. Il linguaggio naturale dei bambini è quello delle immagini e delle metafore, come nei sogni e nelle storie. Se vogliamo parlare con un bambino di ciò che lo affatica o vogliamo che lui ci parli del suo mondo interiore, dobbiamo usare il suo linguaggio che è fatto di immagini, metafore o storie. Le storie possono comunicare con i bambini ad un livello più immediato del linguaggio di tutti i giorni. Si può parlare quindi attraverso una storia, oppure con delle bambole o dei pupazzi  o degli animali di plastica, o con la plastilina o i disegni.

Le immagini hanno il potere di rappresentare in modo efficace il vissuto interiore e le sensazioni del bambino. Rendono la forza delle emozioni che si muovono al suo interno. Le favole e le fiabe piacciono ai bambini perché attraverso le loro immagini e metafore essi comprendono con il cuore il messaggio insito nella storia, lo comprendono profondamente. Attraverso le storie, come attraverso il gioco, il bambino esplora le sue emozioni in un ambito protetto. Nel gioco perché si fa per finta, nelle storie perché è un altro personaggio a sperimentare problemi ed emozioni.

Il bambino si può identificare, ma allo stesso tempo tiene una distanza che gli consente di aprirsi al messaggio e di non avere per forza bisogno di mascherarsi per evitare vergogna, rifiuto, paura. Rimanendo nella metafora, nel messaggio simbolico, il bambino può esplorare il suo mondo interno, sa di poter uscire quando vuole  e, per quanto ci si identifichi, lui non è il protagonista della storia. Questo lo rassicura.

Se poi è il bambino stesso che esce dalla metafora e parla di sé, benissimo: su quello l’adulto si può agganciare per stimolare una condivisione e un parlare  di sé. Ma l’adulto non deve mai associare il protagonista della storia al bambino, altrimenti lui potrebbe chiudersi in se stesso.             

Una storia parla di questioni emotive e problemi comuni, ma ne parla all’interno del regno dell’immaginazione. Una storia ha lo scopo di parlare con empatia e precisione della questione emotiva o del problema che sta mettendo in difficoltà il bambino. Lo fa attraverso immagini espressive. In questo modo rispecchia il suo vissuto. Una storia può mostrare al bambino che i comportamenti che sta utilizzando per far fronte al problema possono non essere efficaci.

Da qui nasce l’utilità di una storia che gli mostri  che il suo comportamento non lo aiuta.  La storia gli offre nuove possibilità nella forma di una più creativa risoluzione del problema. Il bambino può entrare, attraverso il mondo della storia, in un mondo di speranza, opzioni e possibilità. Può trovare strumenti per un futuro più ricco e soddisfacente.

Le favole possono aiutare il bambino a trovare strategie più efficaci per gestire un problema attuale, come anche indicargli comportamenti più “adeguati”, per esempio nella gestione delle sue emozioni.

Le storie possono educare, informare, insegnare valori, abituare alla disciplina, arricchire l’esperienza, facilitare il problem solving …

Possono aiutare in via preventiva o al bisogno.

Le principali insidie nell’invenzione delle storie educative

  • Evitare le storie con la soluzione magica, se questa non specifica esattamente delle azioni che il bambino può ripetere da solo.
  • Evitare le storie che finiscono male, le storie punitive, che dicono cosa non bisogna fare o che “fanno la predica”.
  • Eliminare dalla storia tutti i dettagli non necessari e le verbosità. La storia dovrebbe sintetizzare le caratteristiche più importanti della questione su cui avete scelto di lavorare, tagliando via ciò che è superficiale e inutile. Molte storie possono essere indebolite da troppe parole, dettagli o cose irrilevanti che distraggono dal contenuto principale. Eliminate quindi tutto quello che può indebolire la forza del suo messaggio o confonderne il significato o la logica. Altrimenti il bambino potrebbe perdersi il messaggio in essa contenuto.

In genere, le storie difficilmente non funzionano, poiché sono patrimonio di tutti. La questione non è se le storie funzionano o no, ma QUALE storia può funzionare. La singola storia potrebbe non essere efficace se il bambino non può identificarsi nel personaggio, se il problema affrontato nella storia non corrisponde a quello che il bambino vive, se le risorse offerte non corrispondono al bambino o se lui non le può utilizzare, se l’esito della storia non è rilevante per il bambino.

Ci possiamo accorgere di come una storia funzioni quando il bambino ci chiede di leggerla ancora e ancora.

I PASSI DA COMPIERE PER CREARE LA STORIA

Passo 1 : definire l’obiettivo della storia

 Qual è l’obiettivo del bambino? Su questo si deve concentrare la storia, non sull’obiettivo dell’adulto.

La storia prima comprende il problema del bambino, poi mostra dove vuole andare e come ci può arrivare. Dà speranza e fornisce consigli pratici e indicazioni sulla direzione da prendere.

Al di là degli aspetti profondi del problema (perché) è importante il come risolvere la situazione.

Passo 2: pianificare la storia

Ogni storia presenta un problema, delle risorse e un risultato. È più facile pianificare la storia partendo dal risultato, costruendola poi a  ritroso. La prima domanda da porsi, quindi, è : dove va a parare la storia? Qual è il risultato da raggiungere? Cosa dovrebbe permettere di ottenere? Qual è il finale? Quando sai dove vuoi andare, puoi chiederti come fare per arrivarci. La meta definisce il viaggio. Dopo aver definito la meta, si definiscono le risorse per raggiungerla.

Passo 3: presentare la storia

  • Pianificare la storia a partire dal risultato e presentarla partendo dal problema.

All’inizio della storia si presenta il problema: ciò serve a stimolare nell’ascoltatore l’identificazione con il protagonista. Più il bambino si identifica, più è coinvolto, più la storia è utile.

  • Descrivere le risorse: la storia poi, continuando con le vicende del protagonista, suggerisce al bambino dei modi per servirsi delle capacità che già possiede, per riattivare abilità già acquisite o per sviluppare nuove strategie. Il bambino viene aiutato a sviluppare processi di adattamento, cambiamento ed apprendimento efficaci che lo guideranno verso un risultato soddisfacente.
  • Suggerire un risultato: nel finale vengono conseguiti gli obiettivi. Alla fine il protagonista scopre che effetto fa raggiungere le propria meta. Può sentirsi sicuro di sé per il semplice fatto di aver compiuto un passo in direzione di un obiettivo che prima gli pareva irraggiungibile, può scoprirne le ripercussioni sul proprio modo di essere. Può godersi il successo dell’esperienza.
  • Il bambino poi potrebbe proiettare nella storia un senso diverso da quello che ci ha messo l’adulto nell’inventarla. In tal caso bisogna seguire il senso attribuito dal bambino. 

Passo 4: fermati, osserva e ascolta

Osservare il bambino. Fare attenzione a come la storia viene accolta  e chiedersi cosa occorre adattare e modificare per renderla significativa e utile per il piccolo. Se il bambino è coinvolto vuol dire che la storia ha raggiunto il segno, altrimenti vuol dire che la storia stessa o il nostro modo di raccontarla non è coinvolgente per lui. Può essere utile, in questi casi, coinvolgere il bambino, chiedendogli cosa farebbe lui al posto del protagonista. Poi eventualmente interrogarsi sul come modificare la storia per  renderla più coinvolgente.

Ulteriori aspetti

Quando non c’è una soluzione soddisfacente al problema, ed a volte potrebbe non esserci, l’adulto può aiutare il bambino a trovare un modo di accettare la situazione, ristrutturandone la rappresentazione o promuovendo strategie di fronteggiamento della situazione più efficaci: “Cosa si può fare per accettare e sentirsi comunque bene in questa situazione? Cosa può aiutare il protagonista a mantenere il suo benessere? Cosa può fare il protagonista per essere più felice?” Le storie sono un modo per comunicare esperienze che chi ascolta potrebbe non avere ancora fatto. Servono anche ad equipaggiare o preparare il bambino ad una situazione presente o futura raccontandogli cosa hanno fatto altri per gestire circostanze simili.

È importante raccontare una storia al bambino quando è ricettivo, non distratto dal desiderio di fare altro. Se si ha voglia, si può anche illustrarla. È importante poi essere ricettivi rispetto ai momenti in cui il bambino vuole indugiare su certi particolari e fa domande.

Dopo aver letto la storia, evitare di uscire dalla metafora, a meno che non lo faccia il bambino. Evitare di dire: “Il personaggio è un po’ come te, perché anche tu sei/senti così, vero?“. Se lo si fa, il bambino potrebbe sentirsi scoperto e  chiudersi a riccio. Il potere della storia è proprio nelle sue espressioni indirette, nei suoi simboli.  Va bene se è invece il bambino ad uscire spontaneamente dalla metafora iniziando a parlare  di sé. In questo caso si può aprire un discorso.

Comunque nel bambino si producono cambiamenti anche se non si esce mai dalla metafora: la storia lavora a livello interiore e i semi nella mente del bambino producono frutti, subito  o nel tempo.

 

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