Uso dei "social" nei servizi educativi: questioni di etica

Ci ha fatto particolarmente sorridere un’immagine che girava qualche tempo fa in un post su Facebook, in cui veniva esaltata l’avanguardia delle istituzioni scolastiche del Nord Europa: contenuti ineccepibili, peccato che l’immagine in questione ritraesse un gruppo di bambini che giocava nel kindergarten sotto gli occhi poco vigili di un’educatrice che, seduta in disparte, guardava annoiata il cellulare.

Navigare sui siti web di social media come Facebook, Instagram, Twitter e Pinterest, così come l’uso di smartphone, sono diventati una parte significativa delle nostre vite. Non è sorprendente che abbiano trovato la loro strada nei programmi della prima infanzia, dove sono ampiamente utilizzati dagli educatori. Come succede con qualsiasi nuova tecnologia, anche l’uso dei social ha aspetti positivi e aspetti negativi.

Quali sono i fattori che ci spingono ad essere social?

Quando passiamo del tempo sui social, dobbiamo tener presente che tutto quello che postiamo o condividiamo, esprimendo il nostro pensiero o quello di chi consideriamo autorevole, non è ad uso esclusivo di chi ci legge o ascolta. Il tornaconto principale è nostro: essere social è un modo di esprimere chi siamo e rafforzare il nostro senso di appartenenza. Da questo punto di vista quindi si tratta di un aspetto positivo.

Purtroppo un pensiero spesso sotteso al nostro essere presente sui social è anche questo: “Se non sei sui social, non esisti“. Dietro c’è una motivazione più o meno esplicita: rendersi riconoscibili, apprezzati, un punto di riferimento per tanti. Il nostro narcisismo mediatico è uno dei fattori che ci spinge ad essere social, ma al tempo stesso temiamo la delusione di non essere ricambiati, di non ricevere abbastanza “like”.

  Usare i social in maniera corretta

Sono tanti gli aspetti positivi dell’essere attivi sui social, e non saperne approfittare sarebbe un peccato! I social sono fonte di ricchezza se si è in grado di essere attivi in maniera corretta: aiutano a crescere e conoscere, a sfruttare le proprie abilità e impararne delle nuove, a instaurare rapporti interpersonali e professionali.

C’è però un rovescio della medaglia: la possibilità di perdere la bussola nel mare dei social è purtroppo frequente, e questo genera comportamenti eccessivi che rasentano la dipendenza. Questo è un problema particolarmente sentito nel nostro ambito, quello dei servizi educativi e delle scuole.

Le principali fonti di problemi nell’uso dei social in ambito scolastico sono sintetizzabili in questi punti:

  • Gli smartphone distraggono gli educatori/insegnanti, che sono tentati di rispondere alle chiamate e di leggere e scrivere e-mail o messaggi di testo quando dovrebbero concentrarsi sull’apprendimento, la sicurezza e il benessere dei bambini.
  • Insegnanti (e genitori) usano le telecamere sui loro telefoni in modo inappropriato: fotografano i bambini e li pubblicano sui social media, senza rispettare le regole di privacy.
  • I genitori creano gruppi social in cui spesso si perde il confine fra la critica costruttiva e l’intolleranza per le opinioni altrui, oppure pubblicano commenti inappropriati o critici su scuola, programmi e insegnanti sui siti di social media.
  • Genitori chiedono di “fare amicizia” o “seguire” gli insegnanti dei loro figli sui social media, o viceversa educatori e insegnanti chiedono di “fare amicizia” ai genitori dei bimbi, oltrepassando la linea tra le interazioni professionali e personali.

Il dilemma che si pone a molti gestori di servizi educativi e dirigenti scolastici è quello di riuscire a regolamentare l’uso dei social che ruotano attorno all’attività educativa, sia da parte di genitori che da parte degli insegnanti educatori.

Per quanto riguarda i primi, sentiamo parlare di diversi tentativi, come quello di creare gruppi social ufficiali dei genitori, moderati dalla scuola, e di “infiltrare” genitori moderatori nei gruppi social non ufficiali. Inoltre, sensibilizzare i genitori all’uso corretto dei social con riunioni e seminari condotti da esperti.

Per l’uso dei social da parte di educatori e insegnanti, il dilemma è di tipo etico: ci vorrebbe un codice deontologico adeguato (ne abbiamo parlato qui>>>) oppure un regolamento interno che riesca a definire il confine tra l’uso corretto e quello scorretto, in termini di contenuti e di modalità di accesso ai social durante e dopo l’orario di lavoro.

Per concludere, e sdrammatizzare l’argomento, uno sguardo divertito e ironico su alcuni “stili social” paradossali che incontriamo nel nostro interagire con educatori, insegnanti, gestori e coordinatori: ne parliamo al femminile in quanto il mondo dei servizi all’infanzia è prevalentemente femminile, ma anche dal punto di vista maschile il concetto non cambia…

L’IPER ORGANIZZATA

E’ amministratore di almeno 3 gruppi social, per cui è costantemente online per controllare, dirigere, cancellare, moderare. A poco a poco questa attività diventa la sua ossessione primaria: il suo obiettivo è quello di trattenere le persone a sè, come in una fascinazione, e per far questo compara cosa succede negli altri gruppi affini, a volte ne spia i contenuti da infiltrata e li ripropone nel suo gruppo in veste leggermente diversa. Per essere un amministratore di gruppo dovrebbe avere capacità di mantenere la calma quando la situazione lo richiede e una naturale propensione al rispetto per gli altri e per le loro idee, lasciando sempre uno spiraglio aperto al confronto e quindi al cambiamento. Purtroppo non è sempre così, e spesso l’amministratore del gruppo perde la consapevolezza di essere un utente tra gli utenti, quindi di non avere maggiori diritti degli altri, e interviene in qualità di censore:  ” il gruppo è mio e lo gestisco io”.

LA COMPULSIVA

Si abbuffa letteralmente di social. Ha costantemente profili aperti ovunque: facebook, instagram, youtube, twitter, pinterest… guarda tutto e in continuazione, scorre in velocità, raramente si sofferma a leggere con attenzione i contenuti oltre la prima riga, bensì mette like e condivide. Sottoposta a un bombardamento informativo, di solito non posta molti contenuti originali, perchè non ha tempo: la comunicazione social per lei è una corsa sempre più veloce, le soglie di attenzione sempre più basse.

LA POLEMICA

La sua presenza sui social è prevalentemente mirata a commentare, spesso con toni negativi. Interviene solo se c’è una discussione, e spesso con toni polemici. Non importa se si parla del latte in polvere o della qualità degli insegnanti: a lei importa far valere la sua opinione, criticando quella altrui. E’ la persona con la quale non conviene mai discutere sui social perché non riusciresti ad avere ragione.

LA SACCENTE

Dire la sua su tutto facendo emergere la sua cultura, la sua preparazione, è l’obiettivo primario della “maestrina del web”. Interviene a puntualizzare, a definire, a bacchettare chi pecca di imprecisione, sfoggiando citazioni e bibliografie.  “Secondo me” è un concetto che non rientra nel suo vocabolario, perchè lei sa tuto e quello che dice è legge.  In realtà questo atteggiamento saccente nasconde una profonda insicurezza interiore.

L’EMOZIONALE

Cuoricini ovunque, “che belloooooo” è la sua frase preferita, si lascia trascinare dai like messi da altri ed è la cliente favorita dagli influencer, perchè ama tutto quello che piace ai più, le tendenze del momento, che poi abbandona appena i più smettono di mettere like. Raramente si azzarda ad esprimere un parere senza essere strasicura che sia condiviso da tutti, altrimenti usa molto gli emoticon, tenendo profilo basso.

 

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