Quando anche il silenzio diventa responsabilità
Sono più di 160 i casi di maltrattamenti in asili nido o scuole dell’infanzia di cui si sta occupando la magistratura, da nord a sud, in strutture pubbliche o private. I dati sono sconfortanti, ma la domanda più frequente è se mai nessuno all’interno delle strutture si fosse accorto di quanto accadeva ai bambini, e come mai in molti casi non ci siano state segnalazioni di comportamenti insoliti, se non da parte di genitori, ausiliarie, stagiste, o comunque persone esterne alla struttura.
Il dibattito sui maltrattamenti e gli abusi nelle scuole tocca contemporaneamente tre argomenti:
- i sistemi di controllo e di sicurezza nei nidi
- i test psico-attitudinali a cui dovrebbe sottoporsi il personale scolastico
- sul piano giuridico, la responsabilità dei soggetti coinvolti
Su quest’ultimo argomento, vale la pena segnalare che la responsabilità si può estendere anche ai soggetti che non hanno compiuto materialmente i maltrattamenti, come ad esempio, chi ha omesso di vigilare o chi è rimasto inerte pur essendo a conoscenza dei gravi episodi di maltrattamento.
La sentenza della Corte di Cassazione civile n. 17049/11 ad esempio ha condannato la Cooperativa in cui lavoravano le educatrici condannate per maltrattamenti, in quanto la società è stata ritenuta responsabile di omissione di vigilanza (in giuridichese si chiama “culpa in vigilando”) e anche di colpa nell’aver selezionato per un lavoro tanto delicato delle persone che evidentemente non erano assolutamente adatte (“culpa in eligendo”).
In un’altra sentenza della Cassazione Penale del 2014, è stata dichiarata colpevole anche la Direzione di una scuola in cui un’insegnante è stata condannata per maltrattamenti, in quanto la Direttrice aveva omesso di esercitare i poteri di vigilanza, controllo, segnalazione e denuncia.
Ma anche le colleghe che, pur essendo a conoscenza di fatti o comportamenti che si configurano come maltrattamenti, non li denunciano rimanendo in silenzio per salvaguardare il buon nome della scuola, rischiano qualcosa?
Quale reato per chi assiste senza intervenire alle violenze delle colleghe sui bambini dell’asilo?
La giurisprudenza riconosce una responsabilità anche per tutti coloro che hanno fornito un “aiuto” esplicito o implicito alla commissione dei fatti imputati, che non significa solo partecipazione concreta al fatto, ma anche uno di questi comportamenti:
- contrastare le indagini: ad esempio con tentativi di “insabbiamento”, dichiarazioni di non essere a conoscenza dei fatti (quando invece viene dimostrato il contrario).
- omettere la denuncia: ad esempio con comportamenti quali il silenzio, la reticenza, l’omertà.
In entrambi i casi si può configurare il reato di favoreggiamento. Con la sentenza 10763 del 9 marzo 2018 della Cassazione Penale, i giudici hanno condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia, nella forma del concorso omissivo, una maestra che non aveva direttamente agito in modo violento, ma era stata testimone di maltrattamenti senza denunciarli:
[foto:”l’Omertà” di Francesca Rei]“Commette il reato di maltrattamenti in famiglia, nella forma del concorso omissivo, l’educatrice dell’asilo nido che, pur essendo a conoscenza delle violenze sui minori perpetrate dalle sue colleghe in altra sezione, omette di denunciare i fatti alle autorità, limitandosi esclusivamente a disapprovarle. Alla configurabilita’ del reato di cui all’articolo 572 c.p., osta la ragione posta a base della decisione di tacere, “coniugabile con l’intento omertoso di tutelare prima di tutto se stessa, le proprie coadiutrici ed i minori a lei direttamente affidati, con buona pace dei danni contemporaneamente subiti dai piccoli delle altre sezioni, ma non certamente con la volonta’ di coadiuvare le illecite azioni delle colleghe, comunque da lei esplicitamente disapprovate e mai concretamente condivise, e rispetto alle cui condotte ella (con errore penalmente inescusabile) riteneva di avere scarsa possibilita’ di incidere”.
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