Programmazione vs progettazione educativa
La programmazione educativa e didattica è stata introdotta nella scuola italiana a partire dagli anni ’70. Con la parola programmazione si intende sviluppare, puntualizzare, mettere in opera una serie di interventi intenzionalmente orientati, attraverso i criteri di efficienza ed efficacia, verso specifiche finalità educative.
La programmazione consente all’educatore/insegnante di organizzare in modo razionale e coerente gli interventi educativi, i contenuti, le attività e le verifiche e evitare quindi di agire unicamente attraverso l’improvvisazione e la casualità.
Programma. E’ l’insieme dei contenuti culturali da trasmettere ed è ordinato secondo una struttura che si adatta alle diverse fasi di sviluppo cognitivo.
Gli obiettivi principali della programmazione sono pertanto:
- conferire organicità, coerenza, efficacia al lavoro dell’educatore / insegnante;
- organizzare il lavoro: prevedendo prima quello che verrà realizzato dopo, l’educatore/insegnante ha maggiore consapevolezza di ciò che deve fare (atto intenzionale);
- individuare i metodi e gli strumenti con cui conseguire gli obiettivi;
- facilitare l’apprendimento.
Infine, una programmazione didattica deve essere fondata su obiettivi precedentemente tradotti in comportamenti osservabili e misurabili.
Ci sono vari modelli di programmazione:
- la programmazione per obiettivi (Watson, Skinner)
- la programmazione per concetti (Piaget, Bruner, Gardner)
- programmazione attraverso modelli di ricerca-azione
Progettare significa invece essere aperti e flessibili, ponendosi lontano da ogni schematismo. E’ la modalità particolarmente sviluppata nella filosofia di Loris Malaguzzi, da cui scende l’esempio educativo dei nidi e delle scuole dell’infanzia reggiane.
Incidere sul futuro promuovendo il cambiamento delle persone è una delle funzioni dell’educatore nella prima infanzia. Il cambiamento è una delle categorie pedagogiche più importanti per chi si occupa di progettazione è la categoria del futuro che rappresenta la massima sfida per il progettista, poiché introduce i due elementi più ardui da fronteggiare: l’imprevedibilità e il caso.-
- Se non si lascia spazio a questi due elementi, il progetto si chiude alla realtà e si dimostra incapace di incidere su di essa producendo cambiamenti effettivi. Le caratteristiche della progettazione educativa:
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- partecipazione: deve essere partecipata, ovvero correlata ai bisogni formativi dei bambini e del contesto;
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- flessibilità: deve essere duttile e adattiva, capace di adeguarsi flessibilmente ai bisogni educativi degli educandi;
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- concretezza: deve collegarsi ai problemi concreti della realtà; e perseguire obiettivi realistici, rapportati alle conoscenze e alle abilità dei bambini;
- continuità: deve assicurare la continuità tra diversi elementi di istruzione e tra diversi contesti formativi.
Progettare intenzionalmente azioni educative vuol dire nel caso del nido, incominciare a pensare ad attività strutturate e di gioco, riflettere sul valore della dimensione pedagogica dei tempi e degli spazi utilizzati, sulle routine e sul personale. La progettazione si fonda non soltanto sulle decisioni iniziale e su obiettivi definiti, bensì anche su decisioni successive prese in funzione dell’evolversi della situazione, al punto di modificare la natura, la successione delle operazione e gli stessi obiettivi. La programmazione invece non ha spazio per l’improvvisazione, ma organizza in modo razionale e coerente gli interventi educativi, i contenuti e le diverse attività.