Nel pianto del bambino, la voce dell'adulto

Secondo alcuni studi dell’Università di Lione, di Saint-Etienne in Francia e dell’Università del Sussex nel Regno Unito, il pianto dei neonati predice la voce che avranno da grandi (F. LevreroN. MathevonK. PisanskiE. GustafssonD. Reby, 2016).

 

Infatti, la struttura base dei suoni prodotti dalle corde vocali, la frequenza fondamentale, si forma nei neonati, e rimarrà invariata anche quando il bambino cresce, caratterizzandone la frequenza di base nell’età adulta. Negli anni della pubertà la frequenza di base si arricchirà a causa delle modificazioni ormonali, dando origine alla tonalità di voce definitiva. Secondo i ricercatori, le differenziazioni vocali avrebbero origine ben prima che un bambino impari a parlare e a vocalizzare suoni precisi o forse addirittura dentro l’utero materno.

Registrando per mesi il pianto di neonati, i ricercatori hanno concluso che nelle “urla” dei bambini di 4 mesi si possono identificare il 41% della variazioni interindividuali nel tono della voce che appaiono all’età di 5 anni. Una caratterizzazione così precoce delle corde vocali è probabilmente segno che questa si formi nell’utero, a causa delle differenze di livelli ormonali a cui è sottoposto il feto, dentro la placenta materna.

I 7 TIPI DI PIANTO DEI NEONATI

Il pianto dei bambini ci parla in molti modi, non solo nelle tonalità,  ma anche nelle modalità e tempistiche.

Può capitare che alcuni nidi, per lo più privati, dotati di spazi adeguati, accolgano neonati dai tre mesi. In questo tipo di situazione è indispensabile che le educatrici siano preparate e, comunque, dotate di tanta pazienza per potersi occupare dei piccolini. L’ ideale per un educatrice, sarebbe che i bambini non piangessero mai; ma il pianto è l’unico messaggio attendibile che il neonato sa inviare a chi si occupa di lui. E’ il suo modo di comunicare e piange in modo diverso per comunicare informazioni diverse.

Si sa che il neonato quando ha bisogno di qualcosa piange. I neonati non piangono mai senza un motivo. Se si scopre di che cosa il bambino ha bisogno e si provvede, il pianto cessa. Di solito si tratta di un bisogno molto semplice: la fame, il dolore o il freddo. Quando un neonato piange e non vi è modo di calmarlo è molto difficile reagire con calma. Il suo pianto mette tutti in uno stato di agitazione, sembra che il piccolo rifiuti ogni tentativo di aiutarlo, ci si sente inutili, frustati e infine subentra un sentimento di rabbia. Se il bambino continua a piangere e vani sono i tentativi di calmarlo cominceremo a temere che  non smetterà mai, dimenticandosi che lo farà solo quando sarà stato capito. Alcuni eccessi di pianto, apparentemente senza motivo, possono proprio essere provocati da uno stato di tensione o di infelicità di chi si occupa di lui, che il bimbo percepisce dal modo con cui viene trattato, dall’ espressione del volto o dalla voce.

Quali sono i principali messaggi che il pianto del neonato ci comunica?

LA FAME è il motivo più comune del pianto di un bambino così piccolo ed è anche  il più facile da risolvere: il suo bisogno può essere soddisfatto soltanto dal nutrimento.

IL DOLORE di sicuro  fa piangere il neonato fin dai primi giorni di vita, ma spesso è difficile capire se un bimbo piange perché ha fame o per qualcos’ altro. Per esempio può darsi che se lo si prende in braccio smetta ed elimini aria. Forse gli faceva male il pancino, aveva una fastidiosa sensazione di tensione allo stomaco, ma forse il pianto non aveva nulla a che fare con l’aria che è uscita per caso una volta preso in braccio. Certi tipi di dolore provocano una reazione molto chiara: il bambino urla a squarciagola se il biberon o l’acqua del bagnetto sono troppo caldi anche solo di pochi gradi e di sicuro non gli piacerà essere punto da una spilla di sicurezza.

LA STANCHEZZA. Il pianto di stanchezza ha una connotazione particolare: un suono simile a una “tosse”, accompagnato da sfregamento del viso e degli occhi. I primi segnali di stanchezza includono  l’evitare il contatto visivo, l’allontanarsi da uno stimolo sonoro fastidioso, sbadigliare e sfregarsi il viso.

UNO STIMOLO TROPPO FORTE di qualsiasi tipo può provocare il pianto. Rumori improvvisi, l’accendersi inaspettato di una luce abbagliante, sapori forti o amari, mani fredde, acqua calda, il troppo ridere, il solletico, sballottamenti o abbracci troppo esuberanti: sono tutte cose che possono turbarlo. Gli spostamenti repentini, soprattutto se danno al bambino l’ impressione di cadere, provocano facilmente uno spavento, una vera e propria paura. In questo caso, oltre a piangere potrebbe anche tremare o impallidire.

I CAMBIAMENTI. Spesso i neonati hanno difficoltà a passare dallo stato di dormiveglia al sonno profondo. Cerchiamo di non renderglielo ancora più difficile modificando l’ ambiente proprio quando si sta assopendo. Molti piccoli piangono perché gli vengono tolti gli indumenti. Questa reazione non sempre ha a che fare con il freddo; il bambino piange perchè sente la mancanza del contatto del tessuto sulla pelle nuda e non gli piace la sensazione dell’aria sulla pelle. Smetterà di piangere appena sarà rivestito. Nel frattempo lo si può calmare appoggiandogli sul torace e sul pancino uno scialle o un asciugamano.

IL FREDDO/IL CALDO : il neonato che sente freddo quando è sveglio si mette a piangere, ma smette non appena lo si riporta in un ambiente caldo. In genere, i neonati sono più insofferenti al caldo, e questo è difficile da riconoscere in quanto nella nostra cultura “latina” siamo più attenti ai cambiamenti climatici delle basse temperature (al contrario dei paesi nordici dove i neonati vengono portati tranquillamente all’aperto in pieno inverno – ben coperti). In questa categoria comprendiamo anche tutti i tipi di pianto legati a una mancanza di “comfort”, per motivi termici, per irritazioni cutanee, per qualcosa che dà fastidio al neonato (una targhetta nei vestiti, il pannolino sporco…): il pianto di disagio in genere non migliora molto quando si tiene in braccio il bambino, ma si calma solo quando eliminiamo la fonte del disagio.

MANCANZA DI CONTATTO FISICO : il neonato che smette di piangere quando lo si prende in braccio, se ne sta buono e contento e ricomincia quando lo si mette nella culla, piange per la mancanza del contatto fisico, di quel benessere che gli viene dato dalla vicinanza fisica. Questo però è un bisogno che viene spesso frainteso. Il neonato non piange “perché vuole essere preso in braccio”, ma perché lo priviamo del conforto del contatto fisico. Pur prevedendo nel nido maggiore presenza di  figure educative, trattandosi di un ambiente con neonati, è difficile pretendere  un rapporto esclusivo bambino-educatrice. Per questo motivo potremmo sempre soddisfare il suo bisogno di essere coccolato, avvolgendolo con una copertina che gli dia la stessa sensazione di calore e di  sicurezza che gli diamo noi quando lo teniamo stretto.

 
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