Il potenziamento delle abilità metafonologiche nella scuola dell’infanzia
di Rita Bimbatti, Pedagogista Clinico e Sociologa della Salute
Da anni si sta studiando il rapporto tra DSL, ovvero Disturbi Specifici di Linguaggio, e successivi DSA, cioè Disturbi Specifici di Apprendimento della letto-scrittura: la presenza di un DSL nella storia di un bambino, è considerato infatti il predittore più affidabile di dislessia.
Le principali fasi di apprendimento della lettura, secondo il modello di riferimento più accreditato della psicologa inglese Uta Frith (1985), sono quattro: la fase logografica, la fase alfabetica, la fase ortografica e la fase lessicale.
Nella prima fase, la logografica, l’acquisizione della lettura inizia con una strategia pittorica.
Un bambino di cinque anni non ha chiara la logica della scrittura, provando quindi a riconoscere le parole allo stesso modo in cui identifica volti od oggetti: frutta il colore, la forma, l’orientamento delle lettere, ovvero gli indizi visivi. Alcuni studi recenti, hanno evidenziato che nelle lingue “trasparenti” come l’italiano, i bimbi non utilizzano la strategia sopra descritta, ma il loro primo approccio alla lettura avviene attraverso indizi fonetici della parola. Si hanno allora due differenti strategie iniziali: una pittorica, quasi assente tra i bambini italiani, in cui viene utilizzata una memoria puramente visiva, e una pre-alfabetica, dove il suono di alcune lettere della stringa è usato per ipotizzare la parola.
La pietra miliare della struttura fonotattica della nostra lingua è la sillaba piana, costituita da una consonante seguita da una vocale, che compare con la cosiddetta “lallazione canonica” (ma-ma, ta-ta, pa-pa).
Il bambino, a partire da queste unità di produzione verbale, progressivamente costruisce la parola, sia ripetendo una sillaba singola (mamma, pappa), sia variando vocali (nonna, tetto) che variando le consonanti (latte).
Lo sviluppo fonotattico si completa con la capacità di produrre sillabe via via più complesse, composte da più consonanti (por-ta, scar-pa) oppure da più vocali (se-dia), producendo parole con tre o quattro sillabe piane (ca-ro-ta) oppure complesse (lam-pa-da).
Ancor prima dell’insegnamento scolastico, i bambini sono in grado di sillabare, poiché la sillaba è l’elemento costitutivo del nostro sistema linguistico.
In genere, lo sviluppo fonologico viene completato entro il compimento del terzo anno di vita: i bambini che parlano correttamente a partire da quest’età, a cinque anni possono affrontare un’abilità definita metafonologica, intesa come la capacità di comparare, segmentare e discriminare parole presentate oralmente, sulla base della loro struttura fonologica.
I bambini con DSL, presentano a lungo come struttura fonotattica unica la sillaba piana, mentre l’arricchimento della complessità fonologica richiede un tempo molto più lungo.
A tre anni i bambini con Disturbo di Linguaggio, non hanno ancora completato il repertorio fonetico. Cominciando a parlare in modo “comprensibile” intorno ai cinque anni, avranno inevitabilmente più difficoltà ad affrontare l’abilità metafonologica, indispensabile per imparare a leggere e scrivere a sei anni, ovvero con l’ingresso alla scuola primaria.
La scuola dell’infanzia sollecita le attività metafonologiche, preparatorie all’ingresso della scuola primaria per l’acquisizione della letto-scrittura, individuando coloro che manifestano lentezza o difficoltà per indirizzare nei loro confronti un’azione di potenziamento.
Questo ruolo, affidato dalla Legge 170/2010 sul riconoscimento e sulla definizione precoce del Disturbo Specifico di Apprendimento, colloca nella scuola dell’infanzia il momento in cui far partire la rilevazione delle difficoltà, elencando gli indicatori di rischio ed evidenziando la necessità di predisporre attività educative e didattiche specifiche.
Prima però di proporre questo “impegno”, è necessario individuare attività che contengano un certo grado di successo, invogliando il bimbo ad esercitarsi ed evitare comportamenti rifiutanti ed evitanti il compito in questione.
Individuato il livello ottimale di intervento, si passa a pianificare l’intensità dell’allenamento, tenendo in considerazione che la frequenza congiunta con la continuità sono variabili di estrema importanza.
Altra osservazione, il contesto in cui si svolge il percorso di potenziamento: la condizione ottimale è rappresentata dal piccolo gruppo, tre o quattro bambini di livello di acquisizione abbastanza omogeneo. Ciò consente la condizione di “modelling”, ovvero di attività ripetuta più volte dai singoli bambini, che funziona come modello ridondante per colui che partecipa al gruppo ed esegue il compito per ultimo.
Facendo ruotare i membri del gruppo rispetto all’ordine di esecuzione dell’attività, ciascun bimbo può di volta in volta trovarsi nella condizione di massima o minima ridondanza. Il lavoro di piccolo gruppo richiede inoltre un ambiente idoneo, senza sovrapposizioni di attività rumorose, poiché è utile ricordare che i bambini con una difficoltà di apprendimento sono particolarmente sensibili alle interferenze; in ambienti “disturbati” le loro prestazioni peggiorano, si disorientano o manifestano comportamenti evitanti.
Individuare precocemente una difficoltà nella scuola dell’infanzia, porta ad intervenire in maniera tempestiva ed ottenere risultati significativi.
Varie ricerche scientifiche, dimostrano infatti che, se vengono attuate misure di potenziamento durante lo sviluppo di un’abilità, gli eventuali ritardi funzionali possono essere ridotti e compensati. Inoltre, il contesto della scuola dell’infanzia risulta ottimale, poiché è un luogo dove, senza la pressione di programmi ministeriali e verifiche quadrimestrali, si possono inserire esperienze che aiutano i bambini nel loro sviluppo evolutivo.
Riassumendo, possiamo concludere che le competenze metafonologiche, sono certamente un prerequisito importante, anche se non unico, per l’acquisizione della letto-scrittura. Identificare precocemente le alterazioni fonologiche può quindi aiutare a prevenire o a ridurre eventuali disturbi correlati, tra cui i DSA, strutturando adeguati interventi di potenziamento delle abilità linguistiche e fonologiche, consentendo a tutti i bambini, anche a quelli senza difficoltà, di trarne vantaggi e benefici.
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