Capricci, prese di posizione, provocazioni: che differenza c’è?

Educatori e genitori conoscono e vivono con i loro bambini la cosiddetta “Età dei No” che solitamente si sviluppa tra i 18 mesi e i 3 anni, in cui i bambini diventano testardi e capricciosi, manifestano spesso crisi di opposizione e con esse i “No” decisi gridati con tutto il corpo, dalla testa, al collo, alle spalle, e a volte piangendo. Noi adulti tendiamo spesso ad etichettare queste manifestazioni con il termine generico di “capricci”, a volte leggiamo questi comportamenti  come “lotte di potere”, ma in realtà sono solo l’espressione del passaggio evolutivo che stanno compiendo.

Ma sappiamo riconoscere la differenza tra i capricci veri e propri, le prese di posizione e le provocazioni? Sappiamo capire cosa vogliono dirci i bambini con questi comportamenti?

Per rispondere a queste domande cerchiamo di comprendere meglio 3 tipologie di manifestazioni comportamentali che accomunano tutti i bambini ma che hanno significati molto diversi.

I capricci

i capricci nascono in genere in relazione ad un oggetto del contendere, qualcosa di specifico che un bambino vuole ottenere. Un tipico esempio è quello del bambino che piange disperato perchè vuole assolutamente ottenere un gioco in mano ad un altro bambino.

Le provocazioni

nascono nel bambino da una fragilità, da un’insicurezza che il bambino prova di fronte a qualcosa che non si sente in grado di affrontare, che non trova le parole per esprimere e che quindi manifesta a livello comportamentale.

Le prese di posizione

nascono dal processo di separazione-individuazione, e si manifestano nell’ impuntarsi e rifiutarsi di fare qualcosa che prima era assolutamente normale e acquisita per il bambino, come ad esempio mangiare o vestirsi da solo.

 

Vediamo ora le caratteristiche che li accomunano.

In primo luogo, si tratta in tutti e tre i casi di manifestazione di bisogni:

  • bisogno di affermare il proprio “Io”, quindi di riconoscere se stesso, dotato di un proprio pensiero e di una propria volontà
  • bisogno di allontanarsi e di avvicinarsi rispetto alla figura di riferimento, sperimentare aree di autonomia
  • bisogno di sperimentarsi, per capire fin dove può spingersi
  • bisogno di contenimento (limiti e regole) e di confini fisici ed emotivi
  • bisogno di base o fisico: quando un bambino è ad esempio stanco, o affamato, il suo cervello trasmette segnali di stress
  • bisogno collegato ad un disagio

Inoltre, si tratta sempre di manifestazioni relazionali: significa che per strutturarsi e avvenire è necessaria la compresenza di un bambino e di un adulto di riferimento, genitore o educatore. Nascono all’interno della relazione, si svolgono all’interno della relazione e mirano a modificare qualcosa di importante all’interno della relazione stessa.

 


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