Rette e distribuzione degli asili nido in Italia

Per avere un’idea di quale sia la copertura di posti degli asili nido in Italia, e delle rette da nord a sud.

Secondo un recente studio dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, l’Italia è tra gli ultimi paesi d’Europa per quanto riguarda la diffusione di servizi per la prima infanzia (0-3 anni), gli asili nido.
In base alla media nazionale, solo l’11% dei bambini va al nido, ventuno punti in meno rispetto ai numeri raccomandati dalla strategia di Lisbona del 2012. Nonostante la copertura si diversa nelle aree geografiche (un 15% al Centro-Nord contro un misero 2% al Sud ), gli asili nido nel nostro Paese sono presenti soprattutto nelle città e vengono ancora percepiti come una specie di “estremo rimedio” per i bambini di genitori che lavorano.

Con la legge 1044/1971, il governo italiano aveva stabilito un piano quinquennale per l’istituzione di almeno 3.800 asili nido comunali da completarsi entro il 1976. Secondo i dati più recenti forniti dal Ministero dell’Interno, però, nel 2009 esistevano ancora 3.424 asili nido comunali. A distanza di quarant’anni, non è stato ancora raggiunto il numero minimo previsto dalla legge del 1971. E, in media, il 25% dei richiedenti un posto rimane in lista d’attesa. La situazione peggiora al Sud: il 60% dei nidi comunali è concentrato nelle regioni settentrionali, il 27% in quelle centrali e solo il restante 13% in quelle meridionali. E se i comunali sono pochi, non resta che affidarsi ai privati. Con costi che, a seconda dei servizi – tempo pieno o part-time, fornitura di pannolini, pasti – e della regione in cui si trovano, variano dai 350 agli 800 euro.

In Europa la situazione dei servizi alla prima infanzia è ben diversa: Danimarca, Svezia e Islanda sono al primo posto con una copertura di posti del 50% dei bambini di età tra 0 e 3 anni, seguiti da Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo. L’Italia, quasi ultima, si trova davanti solo a Paesi come Polonia e Repubblica Ceca.

Un capitolo a parte è rappresentato dai costi. Per i nidi pubblici, sono previste rette differenziate in base al reddito. Ad oggi, il prezzo viene determinato nel 75% dei casi in base all’Isee (Indicatore situazione economica equivalente), nel 20% dei casi in base al reddito familiare e nel restante 5% la retta è unica. Le famiglie con redditi molto bassi possono non pagare alcuna retta, ma quelle con redditi medi arrivano anche a pagare ogni mese fino a 500 euro. Facendo una stima media, comunque, il prezzo di un nido comunale per una famiglia si aggira intorno ai 300 euro che, considerati i dieci mesi di frequenza, diventano 3.000 a fine anno.

Inoltre, il costo dell’asilo nido comunale per i genitori varia da regione a regione. La regione più economica è la Calabria, con una retta media mensile di 110 euro, mentre le più care sono Valle D’Aosta (405) e Lombardia (400). Nella top ten delle città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno, ci sono Lecco (537 euro), Belluno, Sondrio, Bergamo, Mantova, Cuneo, Forlì, Udine, Pisa e Pavia. Tra le più economiche, Catanzaro (80 euro), Vibo Valentia, Cagliari, Roma, Reggio Calabria, Chieti, Venezia, Salerno, Ferrara, Avellino.